sabato 12 settembre 2015

Dei ragazzi della scuola e dell'amore


Buongiorno, sono passati cinque anni da quando è stato pubblicato il mio primo libro. In verità non sembrava dovesse andare così, ma ogni amico, ogni conoscente ne volle una copia, in un passaparola che sfuggì loro di mano. 
La storia in realtà non è nata come tante altre, non è frutto di un'ispirazione, brulicava già dentro di me, nelle radure della mia coscienza, poiché, per larga parte, vi riporto le emozioni della mia prima età: l'adolescenza.
Il linguaggio è quindi serrato, rapido, essenziale, come quello dei giovani; e trasognante, colmo di ideali, come solo i ragazzi sanno esserlo.
Non immaginavo che venisse letto e fosse oggetto di tanto parlare nella mia città e vi confesso che ciò mi ha incoraggiato. 
Il testo che pubblico in queste puntate è stato epurato dalle inesattezze e dagli errori che, anche se dissonanti, rendono vivo un racconto.
Ricordiamo che uno scritto, un romanzo, se "bello", deve essere imperfetto, come il suo autore. Manzoni, Flaubert, Goethe, non avevano correttori di bozze, né editor e tantomeno uno staff che analizzava il testo prima della pubblicazione come li intendiamo oggi: loro scrivevano davvero!
Il primo cartaceo è da tempo esaurito, ma confido che, seppur epurato dall'odore della stampa, dal fragore della carta, scivoli nella vostra mente, come se fosse lì, tra le vostre mani, puntata dopo puntata, fino a insinuare in voi quel desiderio di lasciare una traccia, un commento qui o sulla  pagina facebook del Luogodeisogni.
Dopo l'ultima puntata sarà possibile scaricare il pdf completo.

Prima puntata



Francesco Granito






Dei Ragazzi,
Della Scuola e
Dell'Amore






Prima stampa cartacea novembre 2010
Seconda stampa digitale riveduta luglio 2015




Fatti e personaggi sono immaginari. Questo libro è un'opera di fantasia, personaggi e luoghi citati sono invenzione dell'autore








“A mio figlio Riccardo,
pensando alla sua gioventù... “









Dei Ragazzi, Della Scuola e Dell’Amore


Cap. 1 La prima superiore

Romoaldo era un giovane che frequentava la prima superiore in una piccola cittadina del nord e aveva molti amici. Aveva la manìa di scrivere tutto ciò che gli passava per la testa. Pensieri, massime, appunti e versi, in un diario pieno di note, frasi e poesie, che custodiva gelosamente nello zaino della scuola e che ogni tanto, anche durante le lezioni, apriva, consultava, scriveva, ricalcava e appuntava. 

Non sempre però era attento e qualche volta capitava che lo dimenticasse sul banco, tra il verde sbiadito del tavolo, in bella vista. Talvolta se ne rammentava e allora, ovunque si trovava, correva all’impazzata a recuperare l’oggetto più sacro che esista, secondo lui. Ma una volta capitò l’assurdo: lo dimenticò coi suoi vivaci colori sopra lo zaino sulla sedia, in classe e, ancora peggio, non se ne ricordò che dopo la fine dell’intervallo quando lo vide alla portata di tutti. Perse quasi la ragione nel riporlo nel segreto delle sue cose, cercando di scorgere qualche segno che ne indicasse una qualsiasi profanazione. Ma parve che nessuno si fosse accorto del suo tragico errore. 

Finite le lezioni Gianni, uno degli amici di Romoaldo, uscì dalla scuola con aria assorta, pareva che ripassasse a memoria la lezione dell’ultima ora. Si fermò a guardare la ragazza che non aveva mai avuto il coraggio di avvicinare, se non per fare uno di quei soliti scherzi che tanto odiano le compagne di classe. Alcuni amici lo raggiunsero e si fermarono con lui. Cercò con scuse puerili di allontanare gli altri ma, vedendo allontanarsi la ragazza invece che loro, si decise e la raggiunse. La guardò deciso, e lei non capì, temendo un altro stupido vezzo. Lui le prese la mano sinistra e, baciando lievemente il palmo, cosa che lei permise soltanto per la gentilezza inaspettata, le sussurrò: 

- “Fuggi da me amore, se amore non sei. 
Nulla splende più della nera notte, che abbaglia e acceca quanto e più del sole. 
Nulla sazia più di dolci parole, se dolci sono al cuor che invano geme.
Nulla vale il respirar e trattener la vita, se non per rivederti ancora e ancora.” 

- Scusa non ho capito. 

- Mi sto esercitando ad amarti, Martina. - Le disse- 

Ciò che più colpì fu la prevedibile reazione degli amici che, parzialmente, udirono e videro ciò che accadde; la fanciulla invece non ebbe reazioni. 

Anzi, parve non essere presente a quelle parole, ma, credetemi, esse le risuonarono nel cuore ogni istante da quel momento in poi. Andò a casa pensando che fossero le parole più dolci che le avessero mai rivolto, pensando che quell’insensibile di Gianni si fosse rivelato un ragazzo meraviglioso, e che lei in fondo era orgogliosa che un pretendente l’avesse ritenuta attraente a tal punto, l’avesse considerata una persona preziosa, cui rivolgere quegli splendidi versi, davanti a tutti poi, sfidando l’imbarazzo generale. 

Il mattino successivo a scuola gli amici schernivano bonariamente Gianni, che per niente intimorito si mostrava orgoglioso di aver fatto colpo su Martina. Lei dal canto suo pareva non dar più tanto peso alle sue avances e la giornata finì così. 

Passò qualche giorno e Gianni fece avere un biglietto a Martina tramite una amica che era della sua classe. Ovvio, diede un biglietto per una ragazza alla sua amica e, insomma, l'amica ci mise un momento ad aprirlo, avendo cura di non lasciare segni sullo stesso o di sgualcirlo, e a leggerne il contenuto. Rimase di stucco, lo lesse e lo rilesse ancora. Ciò che vi era scritto, per lei, era magnifico. Lo chiuse con attenzione e lo portò a Martina come se fosse un diadema. E’ per te, disse, da Gianni. Martina neanche lo guardò. Lo mise via in tutta fretta, quasi infastidita. 

Le amiche in fondo la invidiavano, era corteggiata da molti, era oggettivamente bella, coi capelli come l’oro, il viso delicato e gli occhi di un verde chiaro, profondo ed espressivo. Era sicura di sé e anche sveglia. Si dava delle arie qualche volta, ma nessuno poteva negare che potesse farlo. Comunque mise via il biglietto. L’amica moriva dalla voglia di vedere la sua reazione, ma osò un solo timido tentativo: 

- Non lo leggi? 

- No! - E non aggiunse altro. 

In realtà in qualche modo le faceva piacere che Gianni, un bel ragazzo, avesse delle attenzioni per lei, ma non bastava certo qualche frase sdolcinata per farla interessare a qualcuno: lei poteva avere chi voleva, o quasi, non aveva bisogno di decidere in fretta, e Gianni lo sapeva. Finite le lezioni il ragazzo si avvicinò a Martina: 

- Hai ricevuto il mio biglietto? 

- Si, - rispose, - ma non l’ho letto. 

- Perché? 

- Perché volevi mettermi in imbarazzo davanti a tutti come hai fatto l’altra volta? 

Gianni ci rimase male. Il suo coraggio non lo aveva ripagato, anzi, aveva indispettito Martina. Ma era un giovane di prima superiore e non conosceva a fondo il complesso mondo delle donne. 

Arrivò sera. Martina aveva finito di cenare. Stava ripassando le lezioni quando si ricordò del biglietto. Forse la rabbia le era passata, e forse, in fondo, ciò che aveva fatto Gianni le era piaciuto, seppur faticasse ad ammetterlo a mente fredda. Comunque lesse il biglietto. Vi era scritta una semplice frase: “ancora t’ho sognato … eri tu stanotte tra la veglia e il sonno? quando Morfeo chiamava per nutrirsi dei miei sogni più belli.... splendida fanciulla, sublime apparizione.” 

Come poteva suscitare in un ragazzo tali sensazioni? Pensò proprio che Gianni fosse sincero nel mostrare questo interesse e, in verità fu colpita! La colpì l’animo, la sensibilità e la profondità di Gianni... e poi la vanità sa sussurrare le altre parole che solo le donne sanno sentire. 

Ma torniamo a Romoaldo. Da qualche giorno Gianni si mostrò molto più disponibile con lui. Si interessava a ciò che faceva e diceva e in verità Romoaldo non ne comprendeva le ragioni di questo cambiamento: ma ne era alquanto contento. 

I suoi amici ora lo consideravano come uno alla pari, soprattutto perché Gianni lo trattava come tale. 

Vero è che a loro a volte appariva sulla Luna, comicamente distratto, ma ora quel suo estraniarsi di ogni tanto era considerato come una peculiare caratteristica e non più una stravaganza. 

Accadde che “Romo”, così si erano messi a chiamarlo ora, ricevette un biglietto da Martina da consegnare a Gianni. L'amico lo recapitò non appena lo vide. Gianni lo aprì subito, lo lesse avidamente e cominciò a saltare di gioia nel corridoio della scuola. Era impazzito, ma di felicità. Abbracciò Romo di istinto: 

- Grazie Romo, Grazie! - andava ripetendo, - ti darei un bacio! - E poi ridendo si allontanò, in tutta fretta, verso la classe di Martina. Romo non ci capì granché, - mi ringrazia soltanto perché gli ho portato un biglietto - risolse tra sé, e fu contento per Gianni. 

Ma era sbocciato l’amore, almeno da parte di Martina che ormai aveva pensieri solo per Gianni. 

Romoaldo non sapeva che Gianni aveva usato alcune sue frasi, rubate per caso da stralci di una commedia dal suo diario, e che con esse continuava a scrivere a Martina ogni qualvolta si sentiva di farlo. Ma tutto si svelò! 

Qualche giorno dopo Gianni corse da Romoaldo e in tutta fretta gli chiese un favore: 

- Ho appena comperato un regalo per Martina, e vorrei scriverle un biglietto, - disse in tutta fretta, - dammi un’idea per una frase adatta. 

Ormai Gianni non temeva più di non avere Martina e richiese a Romoaldo un suggerimento, un verso, senza curarsi della reazione di quest’ultimo. 

- Cosa? Una frase? Per chi? 

- Per Martina, dai, non ho tanto tempo, sta andando via. 

- E io cosa posso farci, perché lo chiedi a me? - Disse Romoaldo meravigliato. 

- Dai ne hai tante nel tuo diario, l’ho letto l’altra volta, ne troviamo una in un minuto, così faccio il biglietto. 

- Hai letto il mio diario, Gianni, non dirmi che lo hai fatto? 

- Sì, l’ho letto, e non dirmi che la tua privacy ... sono solo stronzate ... ho bisogno del tuo aiuto, ci ho provato io tutta la mattina, ma non riesco … sono troppo agitato. 

- Devi solo dire quello che già hai dentro di te Gianni, e io... cavolo, mi arrabbio se tu mi prendi ancora il diario. 

- Romo, ti prego, siamo amici, dai … è l’ultima volta … 

Insomma cedette alla richiesta dell’amico e scelsero insieme una frase adatta, fatta al momento, praticamente da Romoaldo. Gianni gli promise amicizia eterna, “di quelle che ricorderai anche dopo quarant’anni”. - Fu solo l’inizio.

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